
Nel passato, comprare un capo d’abbigliamento o un oggetto usato poteva suscitare diffidenza, persino imbarazzo. Oggi, invece, questa scelta viene sempre più spesso vista come un segno di intelligenza economica e consapevolezza ambientale. Il pregiudizio si è attenuato e al suo posto è nata una cultura del consumo più responsabile, in cui l’usato non è un ripiego, ma una soluzione intelligente e sostenibile.
Seconda mano: abitudini, motivazioni e soddisfazione degli utenti
Una recente indagine di Altroconsumo, condotta tramite sondaggio tra il 30 maggio e il 3 settembre 2025 su un campione rappresentativo di 1.460 italiani (18–74 anni), esplora le abitudini e la percezione degli utenti rispetto al second hand e ai prodotti ricondizionati. I dati raccontano un’adozione crescente e una soddisfazione complessiva molto elevata.
Circa il 75% degli intervistati dichiara di essere interessato all’usato: il 44% lo cerca almeno una volta al mese. Nell’ultimo anno l’80% ha acquistato almeno un articolo di seconda mano, e un terzo ha concluso tre o più acquisti. La fascia generazionale più dinamica è quella sotto i 34 anni, spesso più abile nell’utilizzo di piattaforme digitali; al contrario, le persone sopra i 59 anni sono risultate più restie.

Quanto al budget medio, chi ha acquistato usato nell’ultimo anno ha speso in media 219 euro, comprensivi di eventuali spese di spedizione o tasse. Gli acquisti sono effettuati principalmente online (nel 54% dei casi da privati, tramite app o siti come Vinted o Subito), mentre solo il 35% avviene tramite negozi fisici o consegne locali in presenza. Per un terzo degli acquisti venditore e acquirente risiedevano nella stessa città o paese, confermando come anche il contesto locale continui a contare.
Un aspetto rilevante è la negoziazione: per il 63% degli articoli venduti, il prezzo era trattabile. Alla fine, il 59% degli acquirenti ha ottenuto uno sconto medio pari al 23% rispetto al prezzo iniziale. Il metodo di pagamento preferito riflette la digitalizzazione: 6 su 10 hanno usato carta di credito, bonifico, PayPal o altri sistemi elettronici.
Quanto all’esperienza in sé, solo il 4% dei partecipanti ha segnalato problemi — ad esempio condizioni peggiori del bene rispetto all’annuncio o costi imprevisti — ma la soddisfazione complessiva resta alta: in media 83/100, con circa tre acquirenti su quattro pronti a raccomandare il second hand. Spesso, il fattore determinante del giudizio positivo è stato proprio il prezzo finale conseguito.
Sul versante della vendita, un 30% del campione ha venduto almeno un oggetto negli ultimi dodici mesi, contribuendo attivamente all’economia circolare. Dentro questo gruppo, le donne sotto i 43 anni sono risultate le più propense a vendere. Tra chi ha venduto, il 43% ha ceduto più di tre articoli e il guadagno medio realizzato è stato di 181 euro. Gli articoli più frequentemente venduti sono stati abbigliamento e accessori moda, seguiti da libri, fumetti, dischi, articoli per il tempo libero.

Nel 78% dei casi chi vendeva aveva messo un prezzo negoziabile: alla fine, circa il 64% degli articoli è stato venduto a un prezzo inferiore a quello iniziale, con sconto medio intorno al 19%.
Le transazioni si sono concluse perlopiù direttamente tra acquirente e venditore (nel 57% dei casi), ma è presente anche una quota significativa (circa 44%) di operazioni tramite piattaforme — un aspetto che suggerisce come il digitale venga percepito come garanzia di maggiore sicurezza.
Per quanto riguarda i pagamenti, oltre il 70% si è orientato su strumenti elettronici, soprattutto bonifici; solo il 3% ha vissuto problemi legati a ritardi o consegne. Anche i venditori si dicono soddisfatti: il punteggio medio di gradimento raggiunge 84/100.
Nel complesso, l’80% degli intervistati ritiene che comprare e vendere usato abbia un impatto positivo sull’ambiente, mentre il 66% sostiene che non valga la pena acquistare oggetti nuovi che verranno usati solo sporadicamente.
Tuttavia, persistono alcune resistenze: il 37% percepisce ancora rischi, come la possibilità di truffe o di ricevere merce in cattivo stato; un 24% ammette una certa forma di disagio a comprare qualcosa che è già stato utilizzato da altri.
Interessante notare che tra chi non ha mai acquistato usato, la percezione di rischio sale al 53%, a fronte del 31% tra chi invece ha già fatto esperienza.
Prodotti ricondizionati: fiducia crescente, ma le criticità rimangono
Oltre all’usato tradizionale, l’indagine di Altroconsumo approfondisce anche il fenomeno dei prodotti “refurbished” — cioè rigenerati e rimessi sul mercato dopo controlli e restauri. Nel 2024, solo il 28% degli intervistati aveva acquistato almeno un prodotto ricondizionato, nella maggior parte dei casi uno smartphone. Nella rilevazione più recente, invece, la quota sale: quasi 4 italiani su 10 hanno dichiarato di aver acquistato almeno un prodotto ricondizionato. Tra questi, il 59% ha optato per smartphone, il 31% per computer o tablet e il 25% per piccoli elettrodomestici.

Parlando di fiducia, quasi la metà dell’intero campione ritiene che un prodotto ricondizionato possa essere affidabile quanto uno nuovo; la quota sale al 58% tra chi ha già acquistato refurbished, rispetto al 41% tra chi non l’ha mai fatto. Tuttavia, per circa il 30% degli intervistati, il risparmio economico rispetto a un prodotto nuovo non è ancora percepito come abbastanza significativo da giustificare l’acquisto.
In sostanza, la rigenerazione si afferma come un’opzione concreta e apprezzata per chi cerca un approccio sostenibile e riflessivo al consumo tecnologico, ma resta ancora qualche barriera psicologica o economica da superare.
Una scelta responsabile per l’ambiente, il portafoglio e la qualità di vita
Questa evoluzione del mercato dell’usato — insieme all’ascesa dei prodotti ricondizionati — non rappresenta soltanto un fenomeno di consumo: è un cambio di paradigma. Estendere la vita di un bene significa ridurre la domanda di nuovi prodotti, contenere la produzione di rifiuti e diminuire l’impatto ambientale. Significa promuovere un modello di economia circolare che valorizza ciò che esiste già invece di spingere verso un consumo illimitato e spesso effimero.
Per utenti finali, interior designer, architetti e progettisti, la tendenza verso il second hand offre opportunità concrete: acquistare mobili, complementi d’arredo, oggetti decorativi o attrezzi per il fai‑da‑te già utilizzati può essere una scelta vantaggiosa non solo dal punto di vista economico, ma anche estetico e sostenibile. Significa dare valore al passato degli oggetti, integrando storie e vissuti all’interno di un’abitazione contemporanea, senza rinunciare a qualità e funzionalità.
Insomma, per una casa che guarda al futuro in modo responsabile, consapevole e intelligente, il mercato dell’usato e i prodotti ricondizionati rappresentano oggi una risorsa concreta.
