Cambio destinazione d’uso: da ufficio ad abitazione. Come fare e costi

Quanto costa convertire un ufficio in abitazione e una abitazione in un locale commerciale? E quali sono i tempi necessari? Qui una guida con i passaggi burocratici necessari, le autorizzazioni richieste e la spesa da sostenere per realizzare un cambio destinazione d’uso.

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Cambio destinazione d'uso da ufficio ad abitazione. Come farlo e costi

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Il cambio destinazione d’uso è una pratica che spaventa molti cittadini, sia per il timore di tempi di attesa estesi sia per i costi da sostenere. Questo strumento burocratico si compone di diversi passaggi: il cambio di destinazione urbanistica e catastale. La pratica, però, non ha sempre lo stesso grado di complessità.

I passaggi fondamentali da eseguire sono due:fcondo

● ultimare la pratica urbanistica presso il comune in cui l’immobile è ubicato;
● regolarizzare la nuova situazione al catasto, al fine di determinare la corretta tassazione da versare.

In questo approfondimento ci soffermeremo su tempi, documenti necessari e costi per effettuare il cambio di destinazione da ufficio ad abitazione privata e viceversa. Vedremo, quindi, come trasformare il proprio appartamento in uno studio professionale e come mettere in regola un locale commerciale per abitarvi.

Cambio destinazione d’uso da ufficio ad abitazione e viceversa

Il primo, indispensabile passaggio da seguire per cambiare la destinazione d’uso di un’unità immobiliare è individuare a quale categoria appartenga, tra quelle indicate all’articolo 23-ter del DPR 380/01 (Testo Unico Edilizia):

residenziale, la cui superficie è prevalentemente adibita ad uso abitativo civile;
commerciale al dettaglio, ne fanno parte negozi, attività commerciali di grande distribuzione, bar, ristoranti e tutte le attività di somministrazione di alimenti e bevande;
industriale, industrie, botteghe, imprese edili e altri luoghi dove si svolgono attività di tipo imprenditoriale non al dettaglio;
turistico/ricettive, quindi alberghi, campeggi, ostelli e così via;
agricole, qui troviamo le aziende agricole e zootecniche;
servizi, come studi professionali e istituti bancari/assicurativi.

Il cambio è un’operazione perfettamente legale a meno che non sia espressamente vietato:
● nel regolamento condominiale, se l’unità immobiliare appartiene ad un condominio o supercondominio;
● qualora non siano soddisfatti i requisiti previsti dalla legge in fatto di igiene, altezza minima del soffitto, rapporti aeroilluminanti e altre indicazioni imposte dalla normativa nazionale e comunale;
● se il cambio è vietato espressamente dal Piano regolatore generale del Comune, ad esempio se l’immobile in questione è sottoposto a particolari vincoli artico-architettonici.

In altri termini, chi desidera effettuare il passaggio da ufficio ad abitazione privata e viceversa può farlo se non è vietato dal regolamento di condominio, dal Piano regolatore comunale e se sono rispettate le indicazioni tecniche imprescindibili per la specifica categoria. Ad esempio, per passare da studio professionale/ufficio a casa privata devono essere rispettati i limiti su superficie calpestabile, soffitto, bagni, rapporto tra illuminazione e ricircolo dell’aria.

Da ufficio ad abitazione: controlli, procedura e permessi

Da ufficio ad abitazione: controlli, procedure e permessi

Il primo step per dare il via alla procedura è verificare la sussistenza dei requisiti tecnici che abbiamo indicato nel precedente paragrafo, in modo particolare il rapporto aero-illuminante tra superficie calpestabile e finestratura. Un’abitazione privata, infatti, deve avere per legge una distribuzione degli spazi differente rispetto a un ufficio: dimensioni e altezze minime, conformità ai requisiti igienico-sanitari, allacci acqua, luce e gas, isolamento acustico e termico.

Gli uffici appartengano alla categoria A/10 mentre le abitazioni di tipo civile sono A/2, facendo parte della stessa “macrocategoria”, il cambio di destinazione non ha complessità particolari. Per eseguirlo si deve necessariamente presentare in Comune una “richiesta di permesso a costruire”.

Una volta ottenuta l’autorizzazione a procedere da parte degli organi comunali, lo step successivo è regolarizzare la posizione catastale. Il richiedente deve, al termine dei lavori, fare domanda di “variazione catastale” da A/10 ad A/2 (oppure A/3 per abitazione di tipo economico).
Questo passaggio serve ad evitare multe e sanzioni da parte della Pubblica amministrazione in quanto la categoria catastale serve ad individuare la rendita sulla quale sono calcolate le imposte come Imu, Tari e Tasi.

Da abitazione a ufficio

Eccetto i casi di impedimento sopra elencati (divieto all’interno del regolamento condominiale o del Piano regolatore del Comune), nulla osta al passaggio da abitazione privata ad ufficio. Anche in questo caso, tuttavia, è necessario presentare presso gli uffici comunali richiesta di permesso a costruire, anche se non vengono eseguite particolari opere di rifacimento o ristrutturazione. La ragione è che, pur non eseguendo nuove opere, un ufficio implica un traffico di persone maggiore rispetto ad un’abitazione di tipo civile.

Lo ha stabilito la Corte di cassazione nella sentenza n. 40678/2018:

“Il mutamento di destinazione d’uso senza opere è assoggettato a segnalazione certificata di inizio di attività (Scia), a condizione che intervenga nell’ambito della stessa categoria urbanistica; mentre è richiesto il permesso di costruire per le modifiche che comportino il passaggio di categoria o, se il cambio d’uso sia eseguito nei centri storici, anche all’interno di una stessa categoria omogenea. Ragion per cui non è sufficiente dimostrare che il mutamento della destinazione d’uso sia avvenuto in assenza di interventi edilizi, ma occorre provare che esso sia intervenuto tra categorie urbanistiche omogenee”.

Ovviamente il presupposto del cambio di destinazione è che, prima di avviare la procedura, il richiedente (o un tecnico da lui incaricato) si accerti dell’assenza di divieti da parte degli organi comunali.

Quanto costa cambiare la destinazione d’uso

Prevedere il costo del cambio di destinazione da ufficio ad abitazione e viceversa è molto difficile: le variabili da considerare sono tante, tra queste il fatto che ogni Comune può stabilire un tariffario differente.
Ad ogni modo, esistono alcune voci di spesa generali da sostenere a prescindere dal luogo in cui si trova l’immobile:

● gli oneri di urbanizzazione;
● i diritti di segreteria comunali (da 80 a 350 euro);
● la parcella del tecnico incaricato della direzione dei lavori e di portare a termine la pratica edilizia (dai 300 ai 700 euro);
● le spese del computo metrico estimativo dei lavori, le spese dei materiali e per la messa in sicurezza del cantiere (dai 50 ai 400 euro al mq).

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