Composto organico sotto forma di gas, incolore ma dall’odore pungente e irritante, la formaldeide viene prodotta dalla combustione (ad esempio di tabacco o incensi), ma soprattutto rilasciata da prodotti e materiali, sia edili sia di arredamento, di cui è componente. In particolare in condizioni di temperatura e umidità elevate.
Ottenuta industrialmente dall’ossidazione catalitica del metanolo, secondo il Ministero della salute italiano è uno degli agenti maggiormente responsabili della Sick Building Syndrome, la “sindrome dell’edificio malato”, e tossica per le persone. E se nei decenni del secolo scorso era frequente che i livelli di formaldeide in casa fossero alti, oggi, grazie a una maggiore sensibilità, non è fortunatamente più così. Anche se questo pericolo non è ancora del tutto debellato.
A cosa serve la formaldeide?
Solubile in acqua, la formaldeide è la base di diverse resine sintetiche, schiume isolanti, colle (ad esempio per pannelli truciolati di legno), finiture per tessili (per evitarne le pieghe), vernici. Ha anche proprietà antibatteriche, quindi può essere impiegata come disinfettante o conservante (la sigla nel settore alimentare è E240).
Perché è tossica?
Nel tempo la formaldeide contenuta in prodotti e preparati tende a volatizzarsi nell’ambiente, con conseguenza di una possibile inalazione da parte dell’uomo. E dato il suo largo impiego in manufatti, rivestimenti, isolanti, rientra tra gli inquinanti indoor più diffusi.
Concentrazioni elevate negli ambienti chiusi (superiori 0,1 ppm, corrispondente a 125 microgrammi per metro cubo di aria interna, secondo quanto indicato dall’Organizzazione mondiale della sanità) irritano mucose di naso e occhi, provocando allergie e difficoltà respiratorie nei soggetti più sensibili, ma soprattutto risultano certamente cancerogene. Per questo la formaldeide è inserita già da tempo nell’elenco dell’AIRC (Associazione internazionale per la ricerca sul cancro) delle sostanze pericolose.
Dove si trova la formaldeide in casa?
All’interno delle abitazioni può essere contenuta in:
- materiali legnosi incollati (truciolati, pannelli di fibre, compensati, mdf) aggregati con resine fenoliche formaldeide (PF)
- tappezzerie e moquette con formaldeide come agente legante o conservante
- vernici addittivate con formaldeide
- parquet finiti con indurenti alla formaldeide
- intonaci e adesivi con formaldeide
- arredi di materiali legnosi incollati con resine fenoliche formaldeide (metallo, vetro, legno massello al naturale non rilasciano formaldeide)
- tende e tessuti trattati con resine alla formaldeide per evitare che si sgualciscano.
Cosa rilascia formaldeide?
Il rilascio nell’aria dipende dalla qualità di un prodotto o di un materiale, dal suo tempo di vita (quindi anche dal livello di usura) e dalle condizioni ambientali.
In preparati che devono asciugare – come vernici, colle, intonaci – l’eventuale formaldeide si volatilizza dopo la stesura, in fase di essiccazione: se gli strati posati sono sottili la concentrazione dannosa nell’aria aumenta soltanto durante l’asciugatura. Se si tratta invece di spessori importanti il rilascio può durare più a lungo.
Valori di riferimento
In Europa la normativa per il controllo delle emissioni di formaldeide, sino a partire dagli anni Ottanta, classifica i pannelli legnosi in tre categorie, dalla E1 virtuosa alla E3. Nel nostro paese è solo dal 2008 però che diventa obbligatorio l’utilizzo dei prodotti E1.
La Commissione Europea a luglio 2023 (con la pubblicazione del regolamento 2023/1464) ha ulteriormente alzato l’asticella, stabilendo un limite di emissione di 0,062 mg/m3 di formaldeide per mobili a base di legno e prodotti destinati agli ambienti chiusi (incluse le automobili) e di 0,08 mg/m3 invece per tessili, cuoio, plastica, materiali edili e prodotti elettronici. E le imprese produttrici avranno tre anni per adeguarsi.
Una prescrizione più severa, per quanto riguarda truciolare e mdf, anche della già restrittiva CARB (California Air Resource Board) statunitense. Tuttavia oltreoceano le emissioni devono essere certificate da un ente terzo, mentre nel vecchio continente è il produttore a dichiarare la conformità alla normativa.
Come ridurre l’esposizione
La prima azione per ridurre la concentrazione di formaldeide in casa è ovviamente quella di eliminare – o al massimo limitare – materiali e arredi contenenti questa sostanza.
Così è preferibile optare per soluzioni di bioedilizia, arredamento certificato e vernici, finiture, colle a base di acqua, intonaci idraulici. Oppure in classe di emissione minore E1.
In aiuto vengono poi alcune buone abitudini quotidiane, utili non solo in questo caso:
- ventilare regolarmente le stanze
- utilizzare apparecchi di controllo termo-igrometrico dell’aria, per gestire temperatura e qualità ambientale, affinché il rilascio di questo materiale pericoloso resti contenuto.
Non bisogna scordare infatti che le nostre case sono sempre più ermetiche, grazie all’isolamento termico, e di conseguenza i composti organici volatili non riescono ad essere dispersi.
E senza formaldeide?
L’operato di produttori e tecnici del settore per l’eliminazione della formaldeide dai materiali edili e in particolare dai pannelli legnosi, che sono quelli maggiormente sotto osservazione, porta con sé anche delle questioni nuove, legate soprattutto alla qualità prestazionale dei prodotti. Gli standard in merito, richiesti dal mercato, vanno infatti comunque raggiunti.
Franco Bulian, direttore di CATAS (laboratorio di prove e analisi per il settore del legno-arredo con sedi a San Giovanni al Natisone, Lissone, Pesaro, epicentri dei distretti di riferimento per questo ambito merceologico) in una intervista rilasciata al portale della rivista Xylon, anticipa il tema: “le prove possono determinare e comprendere eventuali situazioni nuove: la riduzione della presenza di formaldeide negli adesivi utilizzati potrebbe avere effetti sulle caratteristiche prestazionali del pannello? Potremmo trovarci con pannelli di qualità diversa, da cui nasceranno prodotti ‘diversi’?”
I marchi industriali stanno lavorando in questa direzione, al fine di proporre soluzioni “sane” ma certificate e nel contempo funzionali. E se, sempre secondo Bulian, “il massimo obbiettivo raggiungibile sarebbe quello di produrre pannelli che abbiano un contenuto di formaldeide pari a quello del legno da cui nascono”, iniziano a fiorire anche ricerche in ambito universitario.
Esemplare in tal senso lo studio sperimentale sugli effetti di una bassa emissione di formaldeide per le caratteristiche meccaniche dei pannelli a base legno, condotto con una tesi triennale del corso di Ingegneria meccanica dell’Università degli Studi di Udine, svolto proprio presso i laboratori CATAS.
La valutazione della probabile variazione delle prestazioni fisico-meccaniche dei pannelli con minore emissione di formaldeide (certificati CARB), rispetto a quelli comunemente commercializzati in Europa (E1), ha portato a un risultato positivo: i valori sono risultati confrontabili, vale a dire che la riduzione di componenti dannose per la salute umana non ha pregiudicato un decadimento meccanico-funzionale dei manufatti. Un dato confermante la ricerca già avanzata, nel settore industriale, di proposte alternative alla semplice riduzione dei collanti con formaldeide.